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Agenti e rappresentanti con deposito

Separazione dal contratto di agenzia

Nelle norme che regolano il rapporto di agenzia, in particolare nella disciplina civilistica contenuta negli artt. da 1742 a 1753 c.c., non è presente una regolamentazione del deposito che, in un numero elevato di casi, viene costituito a lato dell’attività intermediaria. E’ d’altra parte probabile che si assista, nel prossimo avvenire, ad un incremento apprezzabile del ricorso ai depositi agenziali, nell’ottica del più rapido soddisfacimento delle richieste di rifornimento da parte della clientela. Talvolta gioca in senso favorevole all’istituzione di depositi, nelle piazze di maggiore assorbimento, il costo dei trasporti, meno elevato se vengono avviate grandi partite per il deposito, al posto di una moltitudine di invii ai singoli nominativi da servire, pur essendoci, in questa ipotesi, l’onere di gestione della localizzazione decentrata.
La formula agente con deposito o rappresentante con deposito, in verità, rivela l’esistenza di due rapporti fra le stesse parti, ma concettualmente e normativamente ben distinti. Se per il rapporto di agenzia, con o senza rappresentanza, bisogna far capo agli artt. 1742 e segg. c.c., per il rapporto di deposito occorre servirsi dell’apposita disciplina, che è collocata negli artt. da 1766 a 1797 c.c. La parte della disciplina specifica che interessa maggiormente si trova nella sezione dedicata al deposito in generale, di cui contiene la nozione. Vale la pena di consultare attentamente quest’ultima perché a prima vista appare non agevolmente applicabile ai casi concreti che si presentano. L’art. 1766 c.c. sancisce: “Il deposito è il contratto col quale una parte riceve dall’altra una cosa mobile con l’obbligo di custodirla e di restituirla in natura”. I dubbi possono nascere dal fatto che, accanto all’obbligo di custodia, si pone quello della restituzione, mentre esiste sì un secondo obbligo del genere, ma nel senso di effettuare la consegna nei confronti della clientela della zona, clientela servita dalla casa mandante attraverso l’intermediario che dispone di magazzino sul posto.
L’ipotesi di una consegna nei confronti di soggetto diverso dal depositante, peraltro, è prevista dal comma 1 dell’art. 1777 c.c., rubricato, appunto, “Persona a cui deve essere restituita la cosa”. Si potrebbe asserire, peraltro, che tutta la disciplina civilistica è imperniata sull’obbligo della custodia, mentre nei depositi a lato dei rapporti di intermediazione è prevalente l’obbligo di assicurare il rifornimento della clientela. Può esserci sì la restituzione alla casa mandante, ma questo fatto, generalmente, è di natura patologica, la norma essendo costituita dalla consegna al cliente, al deposito o al domicilio dello stesso.
Se non si è convinti del fondamento del richiamo alla disciplina del deposito, si fa luogo alla previsione di un contratto atipico, formato ai sensi del secondo comma dell’art. 1322 c.c., che ammette la conclusione di contratti non aventi una disciplina particolare. Di certo è soddisfatta la condizione del realizzo, attraverso il contratto atipico, di interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. In ogni caso, sono da rendere applicabili disposizioni contenute nella disciplina del deposito.

Approccio alla disciplina dell’IVA

Di fondamentale importanza, sia per la casa mandante sia per l’intermediario con deposito, è l’art. 53, D.P.R. 26.10.1972, n. 633 e successive modifiche ed integrazioni, intitolato “Presunzioni di cessione e di acquisto”.
Per la prima delle due presunzioni, si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente (quindi impresa o società) esercita la sua attività, salvo che sia dimostrato, a parte altre circostanze, che i beni stessi sono stati consegnati a terzi a titolo non traslativo della proprietà - è citato espressamente, alla lettera b) del primo comma il rapporto di deposito -.
Per la seconda prescrizione, i beni che si trovano nel luogo o in uno dei luoghi in cui il contribuente esercita la sua attività si presumono acquistati se il contribuente medesimo non dimostra di averli ricevuti in base ad un regolare rapporto (nel comma 4 dell’art. 53, punto da considerare ora, si menziona espressamente il rapporto di rappresentanza, ma, nel contempo, si considerano “in monte” i rapporti menzionati per la prima presunzione).
Può apparire strano a chi non ha dimestichezza con la disciplina dell’IVA il fatto che siano dettate due regolamentazioni differenti per l’intermediazione con deposito: una (apposita) per il rappresentante con deposito, l’altra per varie ipotesi, fra cui il rapporto di agenzia con deposito.
Si usano formule ambivalenti, cioè che “contengono” i due rapporti distinti, ma si punta lo sguardo sul rapporto di deposito. L’art. 53. d’altra parte, è diretto a regolare la presenza ed i movimenti di beni.

Agente con deposito

Sul piano degli adempimenti necessari per contrastare la presunzione di cessione (presso la casa mandante) e quella di acquisto (presso l’intermediario), la posizione dell’agente con deposito, come è stato scritto sopra, non è trattata separatamente (mentre questa circostanza si rileva, come si vede più avanti, relativamente al rappresentante con deposito).
Il deposito presso l’agente è compreso nel termine “deposito”, situato nella lettera b) del primo comma dell’art. 53 D.P.R. 633/1972, unitamente a numerose altre figure contrattuali. Si inizia con i beni consegnati a terzi in lavorazione, poi si citano quelli consegnati in deposito, poi i beni dati in dipendenza di contratti estimatori, via via fino a menzionare, come se non bastasse, i beni consegnati ad altro titolo, diverso da quelli prima esplicitati, s’intende non traslativo della proprietà.
Rifacendosi proprio alla lettera b) del comma 1 dell’art. 53, si avverte che nel corpo del comma 3 del medesimo articolo (come modificato dall’art. 57, co. 1, lett. h), D.L. 30/1993, n. 331, conv. con modif. con L. 29.10.1993, n. 427) viene sancito che la consegna dei beni a terzi, quindi nel caso specifico all’agente con deposito, deve risultare dal libro giornale o da altro libro tenuto a norma del codice civile o da apposito registro tenuto in conformità all’art. 39 dello stesso D.P.R. 633/1972, ovvero da altro documento conservato a norma dello stesso articolo o da atto registrato presso l’ufficio del registro. La soluzione più pratica, anche per seguire da vicino la movimentazione del deposito, è data dalla tenuta di un apposito registro in conformità all’art. 39, D.P.R. 633/1972.
Il ruolo del registro in parola non può essere svolto dalle registrazioni di magazzino (si veda l’art. 14, lett. d), D.P.R. 29.09.1973, n. 600).

Rappresentante con deposito

I rappresentanti, ovviamente con deposito, sono espressamente citati nel primo comma dell’art. 53, qui al centro dell’attenzione, immediatamente dopo i luoghi di esercizio dell’attività dell’impresa o società, comprese le dipendenze della stessa, relativamente alle quali lo stesso legislatore, nell’intento di non trascurare alcuna situazione, ha ricordato numerose denominazioni usate in pratica. E’ vero che anche per il rappresentante, come per l’agente, è utile per la lettera b) dato che nell’uno e nell’altro caso si è costantemente in presenza di beni rientranti nella formula “beni consegnati a terzi in deposito”. Tuttavia per il rappresentante, come constatato, si una menzione particolare.
Coerentemente il legislatore lo ha considerato distintamente all’interno del terzo comma dello stesso art. 53, ove è esposta la linea di condotta da osservare nell’intento di vincere la presunzione di cessione per i passaggi non traslativi della proprietà. Il secondo periodo sancisce che la rappresentanza deve risultare da atto pubblico, da scrittura privata registrata, o da lettera annotata in apposito registro, in data anteriore a quella in cui è avvenuto il passaggio dei beni, presso l’ufficio competente in relazione al domicilio fiscale del rappresentante o del rappresentato.
Fra le varie formule indicate, la più pratica, di certo, è data dalla lettera-contratto, da perfezionare in anticipo rispetto al primo movimento di merce, quindi da sottoporre all’annotazione presso l’unico Ufficio IVA competente (se i soggetti del rapporto giuridico si trovano nella medesima circoscrizione) o presso uno degli Uffici IVA competenti (se i soggetti medesimi, invece, sono ubicati in circoscrizioni differenti). La scelta, al riguardo, è libera; tuttavia, appare preferibile che all’adempimento provveda la casa mandante. La quale, dopo l’annotazione ottenuta, manderà un esemplare al rappresentante, meglio se con posta prioritaria. La data certa, anche agli effetti dell’art. 2704 c.c., comunque, è attestata dal timbro dell’Ufficio IVA. L’adempimento predetto non esclude la tenuta di apposito registro di carico e di scarico (che è la soluzione già consigliata per seguire la movimentazione del deposito). A rigore, per il rappresentante, non è esclusa l’appartenenza al novero dei soggetti di cui al terzo periodo del terzo comma dell’art. 53; qui, infatti, si contempla la “consegna dei beni a terzi”, di cui alla lettera b) del comma 1 dello stesso art. 53, quindi anche la consegna dei beni ai rappresentanti. Non sembra legittima nessun’altra interpretazione.

Presunzione di acquisto


La presunzione di acquisto è vinta, per i beni della casa mandante che si trovano nei depositi “a latere” degli agenti e dei rappresentanti, in dipendenza degli adempimenti che si è andati descrivendo nei precedenti paragrafi. Considerando come contribuente l’agente o il rappresentante, quanto asserito si desume dal quarto comma dell’art. 53, D.P.R. 633/1972 ove è testualmente scritto che i beni che si trovano nel luogo o in uno dei luoghi in cui il contribuente esercita la sua attività (deposito a lato dell’agenzia o della rappresentanza) si presumono acquistati se il contribuente non dimostra, nei casi e nei modi indicati nel primo e nel secondo comma, di averli ricevuti in base ad un rapporto di rappresentanza o di lavorazione o ad uno degli altri titoli di cui al primo comma - in definitiva nella lettera b) -. 
Le modalità, regolarmente osservate, valgono, dunque, per vincere la presunzione di cessione (casa madre) e quella di acquisto (intermediario).

Rilevanza del ruolo del rappresentante

Il fatto che il legislatore abbia usato un particolare trattamento per il rappresentante richiama alla mente la differenza esistente fra l’agente ed il rappresentante, quale emerge dal confronto fra l’art. 1742 e l’art. 1752 c.c. Il confronto rivela che, mentre l’agente promuove la conclusione di affari, il rappresentante li conclude.
A rigore, quindi, l’agente con deposito dovrebbe proporre l’affare alla casa mandante prima di consegnare i beni richiesti dal cliente; questa prassi, invece, non sarebbe necessaria nel caso del rappresentante con deposito, stante la sua piena capacità di concludere.
Se è stato costituito un deposito decentrato rispetto alla sede della casa, ma in un’area interessante per le vendite, ciò sta a significare l’impegno a servire al clientela con ogni possibile sollecitudine. Il che lascia supporre che la qualifica di “agente” sia puramente nominale, non effettiva. All’intermediario, cioè, viene data la possibilità di consegnare subito la merce, sia pure sulla base di un elenco di clienti affidati per decisione di competenza della casa. In questo caso se ha la possibilità di concludere affari, non è più agente, bensì un rappresentante. Guardandosi attorno, si può scoprire che è più frequente la rappresentanza, ove esiste un deposito.

 

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fonte quivenditori



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